Un Americano a Roma - Portico d'Ottavia

"Maccarone m'hai provocato e io te distruggo", "Gatto mammone" e, last but not least "Auanagana" sono solo una minima parte delle invenzioni linguistiche, culturali e sociali (oggi li chiameremmo meme) che il nostro Albertone nazionale ha saputo regalarci vestendo i panni del mitico Nando Mericoni - in arte Santi Bailor.

"Un Americano a Roma" è il capolavoro di Steno: questo personaggio svalvolato che voleva nascere nel Kansas City e invece si ritrova tra i vicoli di Trastevere e che non ne imbrocca una, sia per totale imbecillità ma anche, diciamolo, per una buona dose di sfiga è entrato nel cuore e nell'immaginario di tutti: non scomodiamo, per una volta, profonde analisi sociologiche (che pure, in quegli anni dell'immediato dopoguerra, ci starebbero tutte) e godiamoci questa meravigliosa icona del cinema italiano, ridendo delle sue disgrazie e sognando un po' dei suoi sogni, da Broadway a Marilyn.

La scena che riviviamo qui è all'inizio del film, quando Nando esce dal cinema esaltato dalle gesta dei suoi miti, gli eroici cow-boy del Far West, e prima assalta un gatto randagio per poi prendere di mira un povero metronotte con un agguato degno del miglior John Wayne.

Ci troviamo al Ghetto, davanti al famosissimo Portico d'Ottavia, porta d'ingresso ad un vero e proprio parco archeologico in pieno centro (ma non è forse tutta Roma un "parco archeologico", perdinci!) che contiene una passeggiata a dir poco indimenticabile, tra vecchie rovine e gli archi ancora ben saldi del Teatro di Marcello. Chiaramente, trovandosi al Ghetto, non ci si può esimere da un assaggio delle specialità ebraiche, a cominciare dai "carciofi alla giudia" - che, nel caso in cui dovessero provocare, vanno rigorosamente distrutti.

 

 

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